LEPRI E VOLPI

PARALIPOMENISiamo sotto pressing per il rapporto debito /PIL, forse nel 2019 sarà aperta una procedura di infrazione contro l’Italia e non riusciamo a diminuire il debito.

Ma l’obiettivo è migliorare un rapporto, cioè A/B e se A (il debito) non diminuisce allora potremmo provare ad aumentare B, cioè il Prodotto Interno Lordo.

Ma perché non riusciamo a crescere? Intanto non siamo i soli, perché sono tutti i paesi avanzati che crescono poco:

EL 2017-2018 novembre 2017

PROSPETTO 2. PRINCIPALI VARIABILI INTERNAZIONALI (a)

Anni 2015-2018, variazioni percentuali sull’anno precedente

2015 2016 2017 2018
Prezzo del Brent (dollari a barile) 52,4 43,5 53,6 56,0
Tasso di cambio dollaro/euro 1,11 1,11 1,13 1,12
Commercio mondiale, solo beni (volume) (b) 2,2 2,2 4,5 3,9

PRODOTTO INTERNO LORDO

Mondo 3,2 3,0 3,5 3,6
Paesi avanzati 2,1 1,7 2,1 2,0
USA 2,6 1,6 2,1 2,2
Giappone 1,2 1,0 1,6 0,7
Area Euro 2,0 1,8 2,2 1,9
Paesi emergenti 4,2 4,1 4,5 4,8
  • Fonte: DG-Ecfin, FMI, OEF
  • Media tra importazioni ed esportazioni

 

La Commissione Europea del Country Report del 7 marzo 2018 fa questa analisi con riferimento al nostro paese:

download (1)La modesta crescita della produttività è il motivo principale del mediocre andamento della crescita italiana. Negli ultimi due decenni la crescita della produttività è stata in generale debole; in particolare, la crescita della produttività del lavoro si aggira sullo zero dal 2011. Annose carenze del funzionamento dei mercati del lavoro e dei capitali hanno ostacolato il necessario aggiornamento professionale dei lavoratori e l’innovazione. Sul contesto imprenditoriale hanno pesato anche le restrizioni che permangono sul mercato del prodotto causando inefficienze, nonché gli elementi distorsivi del sistema fiscale. Questo incide negativamente sulla competitività e sulla crescita del PIL e di conseguenza rende più difficile ridurre il rapporto debito pubblico/PIL che in Italia rimane elevato. Le prospettive di crescita a medio termine sono strettamente connesse alla crescita della produttività, visto che la popolazione in età lavorativa sta diminuendo.

Crescita, produttività, valore aggiunto, ma di che stiamo parlando?

Il PIL misura il risultato finale dell’attività produttiva dei residenti di un Paese in un dato periodo.

Il valore aggiunto di ogni singolo prodotto o servizio dipende da fattori di quantità e fattori di qualità, o meglio dalla quantità di cose che produciamo e dal loro valore intrinseco: valore in termini di tecnologia, di lavoro che c’è dietro, di capitale investito, insomma da tutto ciò che il mercato – la domanda – apprezza di più.

TECNOLOGIA.jpgSe produciamo beni di scarso valore dovremo produrre tanto tantissimo, ma se riusciamo a produrre beni o servizi ad alto valore aggiunto aumenteremo la nostra ricchezza a parità di quantità prodotta.

Si insiste molto sul rapporto tra quantità prodotte ed ore lavorate, per definire la produttività oraria:

Quantità prodotta = Produttività oraria x n. ore lavorate

E questo ci porta alle analisi sul mercato del lavoro, sui suoi vincoli ed impedimenti alla crescita di cui parla la Commissione Europea: “la produttività del lavoro – dice la Commissione – si aggira sullo zero dal 2011. Annose carenze del funzionamento dei mercati del lavoro e dei capitali hanno ostacolato il necessario aggiornamento professionale dei lavoratori e l’innovazione”.

Ma proviamo a guardare il problema da un’altra angolazione.

Nel nostro lavoro in genere facciamo le cose che ci fanno guadagnare o sopravvivere, così come le abbiamo fatte fino ad oggi. E’ una questione di sicurezza e di inerzia al cambiamento: facciamo quelle cose perché le sappiamo fare (o crediamo di saperle fare) ed abbiamo timore di cambiarle perché, si sa, chi lascia la via vecchia per la nuova …. sa quel che perde ma non sa quel che trova.

Tuttavia dobbiamo essere consapevoli che un prodotto, un servizio, un’attività economica in genere ha un ciclo di vita, e più o meno velocemente passa da essere una cosa buona e profittevole ad una cosa che non produce più ricchezza come prima: la famosa matrice di Boston (BCG Boston Consulting Group, anni 60 Usa) ci ricorda come le attività che svolgiamo ruotano in un ciclo di vita che passa dai periodi in cui tale attività rende a periodi in cui  non rende più nulla è diventa un dog.

matrice_di_boston.pngE’ il caso delle attività star che dopo un certo periodo non crescono più come prima, poi decrescono e diventano prima vacca da mungere e poi dog.

Dunque un fatto importante per migliorare la produttività ed il valore aggiunto delle nostre attività, e per migliorarle contemporaneamente, è quello di cambiare, di fare altre cose, alla ricerca di un’attività star che prima d’ora non abbiamo svolto.

Eh! Facile da dire ma difficile da fare ….

Certo, non è questo il problema, ma un altro: lo Stato può aiutarci in questa ricerca, e lo ringraziamo, ma certamente non deve impedirlo, e ciò che fa in questo momento in Italia lo Stato ed il suo apparato burocratico è quello di impedircelo.

scuolaA cominciare dalla scuola, che non insegna a cambiare, bensì a fare sempre le stesse cose, penalizzando gli studenti che non siano esattamente omologati ad un sistema scolastico che si ripete sempre uguale da 60 anni a questa parte: è la scuola inquisitrice, basata sulle interrogazioni, dove il confronto docente discente si riduce e si concentra al momento della interrogazione, e non al momento della formazione e della libera espressione della fantasia degli studenti. C’è uno schema che si ripete sempre uguale: il professore spiega, tu non capisci quasi niente, sei comunque forzato a studiare cose che non ti interessano, perché se non superi il compito in classe non vai avanti. E così il primo germe del cambiamento, la curiosità, viene inibita fin dai primi momenti del processo di formazione dello studente.

curriculumPoi si passa al primo lavoro o alle prime esperienze di attività professionale o di impresa: vorresti fare, ma prima di fare qualsiasi cosa devi indossare la corazza della burocrazia, cioè esami, concorsi, partita iva, inps, camera di commercio, ordine professionale, …… e la sfida non è più il pensare cose nuove, ma imparare a nuotare in mezzo a questo mare di norme, vincoli, ostacoli, uffici, commissioni, Law-Botecc. ecc.

Poi superi il primo momento e ti sistemi, un bel lavoro dipendente, una libera professione, una piccola impresa che comincia a darti soddisfazione: ma che succede? Succede che il tuo lavoro piano piano cambia, ti chiedono di fare sempre di più cose generalmente che non sono quelle per le quali hai studiato o iniziato a lavorare, e ti pagano sempre di meno, perché quello che fai tu, che alla fine è banale, possono farlo mille tuoi concorrenti in Italia o all’estero a prezzi più bassi, nei paesi emergenti, che intanto crescono a tassi doppi o tripli di quelli dei cosiddetti paesi avanzati. Perché succede che il tuo datore di lavoro o il tuo cliente, a sua volta, è chiamato a fare lo stesso per grandi committenti, perché il paese ha bisogno di quadrare i conti e le tasse devono aumentare, perché oltre le tasse devono aumentare tutta una serie di cose inutili e che servono solo per far lavorare altri soggetti: privacy, studi di settore, elenchi clienti e fornitori, spesometro, formazione obbligatoria su cose che non servono a niente, firma digitale, pec …. Ehi! Ehi! Fermati! Ma queste sono cose utili alla modernizzazione del lavoro!

Alt! Questo è vero, ma abbiamo dimenticato la cosa più importante da fare: cambiare quello che sto facendo, per non passare ad essere una vacca da mungere e finire ad essere un dog.

lettucebotMa andiamo avanti: voglio migliorare, voglio cambiare, voglio studiare e conoscere un nuovo mercato, un nuovo prodotto, usare stampanti tre D, guardare ad energie o processi innovativi, software robotici,  mercati internazionali, almeno ci voglio provare. Ma servono capitali e persone che mi mettano in grado di affrontare le nuove sfide: dove le trovo? Le banche non fanno più credito perché è lo Stato che le fa lavorare con il debito pubblico da finanziare e le cartolarizzazioni (ce lo chiede l’Europa!), i fondi di venture capital non prendono neanche in considerazione progetti inferiori a 2 milioni di euro (ma io ho bisogno solo di 100 mila euro per il mio progetto!), i bandi pubblici mi possono dare qualcosa, ma per accedervi devo aver già realizzato tutto quello che voglio realizzare, e – forse – dopo un tempo infinto mi daranno qualche soldo.

Dove trovo le persone che potrebbero aiutarmi, i consulenti? Questi lavorano tutti per il Tribunale, fanno i professionisti delegati alle vendite immobiliari, fanno il recupero crediti per le banche, fanno pratiche di finanziamento seriali e se cerco ingegneri, programmatori, esperti di software, esperti di comunicazione, di web mastering o di SEO (search engine optimize) non li trovo perché vivo nel sud Italia ed in uno degli 8000 comuni italiani e per giunta non sono sulla costa!

BRAVEHEARTHE intanto, mentre penso a tutto questo, se sono un lavoratore dipendente devo ingegnarmi a non perdere il posto di lavoro, esattamente come facevo a scuola che dovevo solo superare l’interrogazione e non pensare minimamente alle cose che mi sarebbero – forse – interessate; se sono un libero professionista devo inseguire una paga oraria da fame, che se lavoro con gli enti pubblici incasserò dopo un anno se va bene, devo fare tutta una serie di cose assolutamente senza compenso, ed intanto superare il compito in classe dei pagamenti dei fornitori di cose inutili, dell’iva dell’irpef dell’irap dell’inps, dell’imu, delle addizionali, delle imposte di registro dei bolli, dei contributi unificati … ecc. ecc.; se sono un imprenditore è la fine: non mi serve solo tutto questo, ma mi serve un buon avvocato perché è facile che tra rifiuti, rapporti di lavoro, contenzioso con la pubblica amministrazione, controlli ASL, Genio civile, ispettorati, equitalia, banche che chiedono di movimentare il fido ecc. è quasi certo che vado sotto processo civile o penale.

E dove lo trovo il tempo per cambiare quello che faccio ed aumentare il valore aggiunto di quello che faccio? Ma soprattutto, dove trovo la voglia di farlo?

Dunque se parliamo di produttività e valore aggiunto, cerchiamo di farlo in termini reali, e non da economisti teorici.

E come?

E’ una questione di rapporti di forza. In un mercato, come in un qualsiasi sistema complesso biologico o sociale, le strategia di sopravvivenza dipendono dai rapporti di forza e dalle barriere all’entrate o all’uscita. Mi spiego meglio.

Un’impresa deve posizionarsi in un mercato in funzione dei suoi rapporti di forza con clienti e fornitori e del sistema in generale: Stato, mercato del lavoro, sviluppo tecnologico, ecc.

Se i suoi fornitori sono troppo forti, o lo sono i suoi clienti, gli imporranno prezzi di acquisto o di vendita che prima o poi lo butteranno fuori dal mercato; se è un fotografo che sviluppa fotografie su pellicola, e non ha tenuto conto dell’evoluzione della tecnologia digitale, è condannato a chiudere; se continua a produrre buste di plastica non biodegradabili e non ha tenuto conto delle leggi che regolano questo settore, prima o poi non collocherà più il suo prodotto.

caccia-alla-volpe-in-battuta.jpgE così nei sistemi biologici: se sei una volpe ed hai fatto strage delle lepri e dei suoi cuccioli del tuo territorio, le lepri diminuiranno e non troverai più da mangiare: le lepri diminuiranno a tal punto che le volpi moriranno di fame, e piano piano, dopo la morte delle volpi, le lepri ricominceranno a crescere.

Ma noi non siamo né lepri né volpi, e non dobbiamo aspettare di estinguerci per risolvere il problema.

Il vero problema, dunque, è recuperare forza contrattuale nei confronti del sistema e riequilibrare questi rapporti di forza. Per farlo abbiamo bisogno fondamentalmente di due cose: (1) una normativa anticoncorrenziale che tuteli realmente ed in modo definitivo le categorie dei piccoli operatori professionali ed i piccoli imprenditori dai grandi committenti (multinazionali, assicurazioni, banche e lo Stato stesso) e (2) l’accesso al mercato dei capitali, attraverso una banca pubblica degli investimenti che partecipi il capitale delle imprese, piccole  e professionali, ma con interventi adeguati alla piccola dimensione del 99% delle aziende italiane.

Il resto è fumo, non porta nulla e se non facciamo queste due cose ci sarà un unico esito possibile: la guerra.

 

 

 



Categorie:giovani e tendenze, politica

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