Le restituzioni ai soci dei conferimenti o delle anticipazioni effettuate poco prima del fallimento della società, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale, infatti, integrano una condotta in contrasto con gli interessi della società fallita e della intera massa dei creditori, consistendo nella appropriazione di parte delle risorse sociali, distolte dalla loro naturale destinazione a garanzia dei creditori.
Cassazione penale sez. V Data: 19/07/2017 n. 49509(ESTRATTO)
“…. Il prelievo, a titolo di restituzione finanziamento soci, effettuato dall’ A., insieme con la moglie, in prossimità della dichiarazione di fallimento, per un importo complessivo di oltre 70.000,00 Euro.
Al riguardo appare sufficiente ribadire il risalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, riaffermato in alcuni recenti arresti, secondo cui in tema di bancarotta, qualora il socio creditore si identifichi con lo stesso amministratore della società, la condotta di quest’ultimo, volta alla restituzione, in periodo di dissesto, di finanziamenti in precedenza concessi, integra il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale.
Le restituzioni ai soci dei conferimenti o delle anticipazioni effettuate poco prima del fallimento della società, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale, infatti, integrano una condotta in contrasto con gli interessi della società fallita e della intera massa dei creditori, consistendo nella appropriazione di parte delle risorse sociali, distolte dalla loro naturale destinazione a garanzia dei creditori (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 5, 6.6.2014, n. 34505, rv. 264277; Cass., sez. 5, 20.5.2014, n. 41143, rv. 261250; Cass., sez. 5, 15.4.2004, n. 23672, rv. 229032).
E’ pur vero che in altre recenti decisioni tale condotta è stata ritenuta integrante il reato di bancarotta preferenziale, ma solo quando le somme prelevate dal socio-amministratore siano congrue rispetto al lavoro da quest’ultimo prestato nell’interesse della società (cfr. Cass., sez. 5, 10.7.2015, n. 48017, rv. 266311; Cass., sez. 5, 23.2.2017, n. 17792, rv. 269639), circostanza la cui sussistenza nel caso in esame risulta solo affermata, ma non dimostrata, dall’imputato, mancando da parte del ricorrente l’indicazione, come sarebbe stato necessario, di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata e oggettiva valutazione, quali, ad esempio, gli emolumenti riconosciuti ai precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, gli impegni orari osservati, i risultati garantiti et similia (cfr. Cass., sez. 5, 23.2.2017, n. 17792, rv. 269639).
5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.”
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