“Quando sentirai che afferra le tue dita, La riconoscerai la forza della vita, Che ti trascinerà con se, Non lasciarti andare mai, Non lasciarmi senza te ….” Sono le parole del famoso brano di Paolo Vallesi “La forza della vita”, che ci suggestiona con un richiamo a qualcosa che – inaspettato – comunque ci spinge lungo la linea di vita che ci è stata attribuita.
Ma esiste davvero la forza della vita? Lungi dal fare filosofia, ma per introdurre un concetto utile anche nel campo professionale ed applicabile al mondo delle imprese, vorrei parlare di qualcosa che sembra veramente essere connesso al concetto di vita, il fenomeno dell’auto-organizzazione locale.
E’ questo un concetto variamente definito che trae le sue origini nell’osservazione in biologia.
Steven Peter Rose (Londra, 4 luglio 1938) è un biologo inglese, professore di biologia e neurobiologia alla Open University e University of London.
Le sue ricerche si focalizzano sui processi biologici che coinvolgono la formazione della memoria e i trattamenti della malattia di Alzheimer. Ha scritto numerosi e famosi libri scientifici divulgativi e scrive regolarmente per il quotidiano The Guardian. Rose è un critico della psicologia evoluzionistica e dell’adattazionismo.
Ha trattato del fenomeno di auto organizzazione in campo biologico in un libro divulgativo, un po’ datato, ma per me attualissimo: Linee di vita (Steven Rose – Garzanti 1997). In questo libro esprime un concetto che è alla base della sua visione evoluzionista e del concetto di vita stessa. Trattando dei meccanismi di vita delle cellule viventi, spiega che molte delle particelle visibili all’interno di essa sono composti di numerose proteine avvolte le une intorno alle altre a formare giganteschi complessi multi enzimatici. Quelli che colpiscono di più sono i ribosomi: se prendiamo le singole proteine che costituiscono il ribosoma e le mescoliamo in provetta alle giuste condizioni ambientali si è osservato che torneranno a riassemblarsi in ribosomi.
Dice Steven Rose che questa capacità di riassemblaggio è la chiave per comprendere come le cellule sono capaci di costruire se stesse.
Tale capacità è il risultato delle forze fisiche che agiscono sulle specifiche proteine deputate all’assemblaggio, spingendole a legarsi in modi conformi a configurazioni a energia minima: i ribosomi non sono che esempi di tali proprietà auto organizzatrici. Steven Rose conclude che le linee di vita non sono racchiuse nei geni: la loro esistenza implica l’omeodinamica, cioè un processo sia delle proprietà chimico-fisiche interne che comportamentali, che accomuna tutti gli organismi viventi, che tende al raggiungimento di una stabilità dinamica nel tempo, anche al variare delle condizioni esterne, attraverso precisi meccanismi autoregolatori . Intervengono in questo processo l’interazione di forze fisiche , la chimica intrinseca di lipidi e proteine, le proprietà auto-organizzatrici e stabilizzanti di complesse reti metaboliche e la specificità dei geni che permettono la plasticità dell’ontogenesi. C’è quindi una identificazione tra il chi fa ed il cosa fa, perché l’organismo vivente diventa sia il tessitore sia il disegno che tesse, il coreografo e la danza che viene eseguita.
Ma di cosa si tratta, cos’è questa auto-organizzazione?
I fenomeni di auto-organizzazione in campo chimico e fisico hanno trovato applicazioni nella biologia: gli organismi viventi, più degli altri, esemplificano una situazione di mantenimento di ordine (diminuzione di entropia) realizzata attingendo a fonti esterne di energia utile ed ‘esportando’ entropia nell’ambiente. Il campo di indagine dei fenomeni di auto-organizzazione si è poi esteso a sistemi collocati su scale di dimensione e complessità ancora più elevate (ecosistemi, sistemi economici ecc.).
Tra coloro che per primi hanno esplorato il concetto di auto organizzazione c’è Heinz von Foerster (Vienna, 13 novembre 1911 – Pescadero, California, 2 ottobre 2002) uno scienziato austriaco che ha combinato fisica e filosofia. Heinz von Foerster prese a prestito concetti e paradigmi che si stavano sviluppando in biologia, in matematica, in fisica come quello di auto-poiesi, ideato da Humberto Maturana e Francisco Varela per distinguere i viventi dai non viventi, o quello di auto-organizzazione, tipica di sistemi complessi nei quali alcuni fenomeni “emergenti” non possono essere previsti, in maniera riduzionistica, partendo soltanto dalla conoscenza degli elementi di base del sistema.
Von Foerster usò le novità epistemologiche sul mercato per costruire una teoria che tentasse di rendere conto dell’auto-referenza, (la caratteristica di alcuni sistemi biologici, per esempio noi umani, di contenere informazioni e conoscenza su se stessi), o l’auto-regolazione, ovvero la capacità che hanno alcuni sistemi (per esempio le società) di organizzarsi in base a principi dal basso verso l’alto anziché soltanto a causa di una pianificazione gerarchica, top-down. È più facile cambiare la società rendendo i singoli individui competenti e capaci di decidere – sembrava concludere lo scienziato austriaco – che non imponendo dall’alto, come in una repubblica dei saggi, le norme sociali “migliori”. Uno dei contributi importanti di Heinz von Foerster è il paradossale “principio dell’ordine dal rumore“: in un sistema complesso, il rumore non è sempre fonte di disordine, ma può invece portare a una crescita di organizzazione.
Ma una tale tesi sembra contraddire il secondo principio della termodinamica: infatti per i sistemi auto organizzatori l’entropia diminuisce, cioè si realizza spontaneamente un maggiore grado di ordine del sistema nel suo complesso. La tesi di Von Foerster è che l’auto organizzaione di un sistema, e quindi la diminuzione della sua entropia, si realizza sempre a spese del suo ambiente, cioè ad un aumento dell’entropia del suo ambiente.
Ma stiamo parlando effettivamente di una forza immanente nell’universo? E se esiste questa forza, non contraddice il concetto di entropia, cioè la tendenza al disordine che pervade ogni cosa nel creato?
Non la pensa così Kevin Kelly (Pennsylvania, 1952) scrittore, fotografo e ambientalista statunitense. Studioso di cultura digitale e asiatica, è cofondatore della rivista Wired di cui è stato direttore. I suoi scritti sono apparsi su New York Times, Esquire, The Economist e altri importanti periodici.
Vi segnalo in proposito il lungo articolo “L’Estropia: l’auto-organizzazione emergente dell’universo” di cui riporto alcuni passaggi
“Cosa c’è alla base della crescente informatizzazione e dematerializzazione che tanto stanno caratterizzando l’epoca attuale? Secondo Kevin Kelly, uno dei più grandi tecnologi viventi, questi fenomeni vanno inquadrati in una più vasta tendenza chiamata “estropia” che si qualifica come una vera e propria forza cosmica di auto-organizzazione emergente.”
“L’estropia non è né un’onda né una particella, e neanche pura energia: è una forza immateriale che assomiglia molto all’informazione. Poiché l’estropia si definisce come un’entropia negativa (il contrario di disordine), deve rappresentare, per definizione, un aumento di ordine. Ma che cos’è l’ordine? Per quanto il significato possa sembrare intuitivo, non ne abbiamo una definizione operativa che ci soddisfi, per quanto ne sappiamo è legato in qualche misura alla complessità (vedi Ordained Becoming). Per i sistemi fisici più semplici, bastano i concetti della termodinamica, ma non abbiamo un metodo efficace per indicare l’estropia nel mondo reale, quello fatto di pomodori, cervelli, libri, camion automatizzati: il meglio che possiamo fare è dire che l’estropia assomiglia, ma non è equivalente, all’informazione. E il motivo per cui non la possiamo descrivere esattamente in termini riferiti all’informazione è che, in fondo, l’informazione non sappiamo cosa sia.”
“Agli inizi, l’universo era dominato dall’energia. Tutto era un un gigantesco bagliore finché gradualmente, mentre lo spazio si espandeva e si raffreddava, la materia prese il sopravvento. Era qualcosa di grumoso, distribuito in maniera diseguale, ma dalla sua cristallizzazione nacque la gravità, una delle forze che dà forma allo spazio. Più tardi, nella nostra piccola porzione di universo, l’informazione acquisì ulteriore importanza con il gran balzo avanti rappresentato dalla vita. Questo complicato processo, basato sull’informazione, assunse il controllo dell’atmosfera della Terra alcuni miliardi di anni fa, e ora il technium, un processo basato anch’esso sull’informazione, la sta conquistando a sua volta. L’ascesa dell’estropia nell’universo, vista dal nostro pianeta, potrebbe apparire come questo grafico, dove E=energia, M=massa, e I=informazione.
È più chiaro se consideriamo i casi estremi. Quattro diversi amminoacidi non sono la stessa cosa se li osservo infilati in dei flaconi da laboratorio o una volta combinati nella spirale del nostro DNA, e la differenza sta tutta in questa struttura addizionale, cioè nell’ordine: fisicamente gli atomi sono gli stessi, ma è il modo in cui sono disposti che fa la differenza. Via via che le cellule che li contengono vengono trasformate dall’evoluzione, il loro livello di ordine e struttura aumenta ulteriormente. Il codice di informazioni che portano con sé viene infatti manipolato, elaborato e riordinato. Così, oltre all’informazione genetica, questi atomi trasmettono adesso informazioni di tipo adattativo. Nel tempo, gli stessi atomi possono innalzarsi a livelli di ordine ancora più complessi: per esempio, quell’unica cellula che li conteneva si potrebbe unire a un’altra, per diventare un organismo pluricellulare. Questo cambiamento richiede una struttura ancora più ordinata in grado di sostenere tanto una cellula sola che un’unione di più cellule. Ulteriori trasformazioni nell’evoluzione, come la differenziazione in tessuti e in organi, l’acquisizione del sesso, la creazione di gruppi sociali, continueranno ad aumentare ancora l’ordine e complicare la struttura dell’informazione, che tuttavia scorre sempre attraverso gli stessi atomi.”
“Il technium può essere visto come un modo di strutturare l’informazione che va oltre la biologia. Al primo posto tra tutte le invenzioni dobbiamo mettere il linguaggio, seguito da una sua diretta emanazione, la scrittura. Queste innovazioni si basano su sequenze combinate di simboli, qualcosa di molto simile alla struttura del DNA. Ma la grammatica e la sintassi del linguaggio vanno ben oltre, quanto a duttilità, rispetto al codice genetico; invenzioni letterarie come indici e rimandi, la punteggiatura, o l’ordine alfabetico, resero possibili connessioni incredibilmente complesse tra le parole, e poi la stampa le diffuse ovunque. Forme speciali di calendari riuscirono anche a catturare concetti astratti come il tempo e la musica.”
“Si potrebbe vedere la traiettoria a lungo termine dell’estropia anche come una fuga dal materiale, e una progressiva trascendenza verso l’immateriale. Nell’universo primordiale, le regole del gioco erano le leggi della fisica e della chimica, il momento meccanico, le cariche elettrostatiche, e forze e processi reversibili dello stesso tipo. Niente di più.”
“L’attuale transizione da un’economia basata sulla produzione industriale di beni materiali a una basata sulla conoscenza e su beni intangibili (software, progettazione, prodotti mediatici…), è solo uno dei passi di un lungo cammino verso l’immateriale. Con questo, per inciso, non voglio dire che la lavorazione dei materiali si sia fermata, ma solo che l’elaborazione di beni immateriali ha adesso più valore: in sei anni, il peso medio per dollaro delle esportazioni degli Stati Uniti (gli oggetti di maggior valore economico prodotte dagli USA) è crollato della metà, mentre il 40% delle esportazioni americane sono oggi servizi (immateriali) piuttosto che merci trasformate (atomi). La transizione dal corporeo all’incorporeo (ossia più valore, meno massa) è un trend stabile nel technium. Alla pesantezza degli atomi sostituiamo l’ordinamento e la progettazione, rendendo i materiali allo stesso tempo più resistenti e più leggeri, o i dispositivi più piccoli e più potenti. In generale, rendiamo gli oggetti più preziosi aggiungendo qualità intangibili come il design, la flessibilità, l’innovazione e l’intelligenza.”
“Poi, l’auto-organizzazione ha condotto alla nascita di nuovi vettori; l’evoluzione e la vita hanno permesso a materia ed energia di sviluppare nuove forme che l’universo pre-estropico non contemplava. Queste nuove possibilità, come una cellula vivente, non erano in contraddizione con le leggi fisiche e chimiche, ma in un certo senso riuscivano a smarcarsi dalle strettoie sottintese a queste leggi, e che altrimenti avrebbero condotto a semplici forme meccaniche. Paul Davies lo riassume bene: “il segreto della vita non sta nelle sue basi chimiche — la vita fiorisce anzi proprio perché riesce a evadere gli imperativi della chimica.”
Quello che la gente, comunemente, ammira nelle cose viventi è la loro essenza fatta di ordine e informazione; il concetto di informazione, d’altronde, è abbastanza vago da essere simile a un’idea di “spirito”, di anima. Ma se la mia ipotesi (Kelly) è vera (che cioè la vita sia uno dei passi di un lungo cammino verso un ordine autonomo, iniziato 14 miliardi di anni fa, e che adesso procede nelle macchine prodotte dalla tecnologia) allora questo stesso “spirito” deve risiedere anche nel cuore del mondo non vivente. Non ne sarà forse la componente dominante, ma l’informazione deve risiedere nell’essenza stessa della materia. Dire questo è molto meno intuitivo; in effetti, se diamo una ginocchiata su una gamba del tavolo, il primo pensiero che ci viene in mente non è proprio quello di essere incappati nel mondo dell’informazione. Eppure, è proprio questa l’idea che alcuni fisici stanno formulando.”
“Nel cuore della strabiliante complessità che ammiriamo in questa parte dell’universo c’è un flusso di bit intangibili; la tendenza ad avere sempre più ordine, diversità e intelligenza nel corso del tempo, cominciata 14 miliardi di anni fa e adesso in accelerazione, è guidata dalla struttura sempre più vasta dell’informazione. Essa viene compressa, calcolata, ridisposta su strati, e sollevata a nuovi livelli. Questa auto-organizzazione emergente è una qualità immateriale che nasce dalla fisica e che continua a progredire, a dispetto dell’aumento dell’entropia. E questa lunghissima traiettoria — dall’inizio dei tempi fino a oggi — è la curva dell’estropia.”
Dunque parliamo di un qualcosa che non è rintracciabile o limitato agli organismi viventi, ma probabilmente ad ogni sistema complesso: in tal senso dalla matematica della Teoria della complessità si può passare e trarre precise implicazioni nel campo della organizzazione delle imprese.
Un contributo molto interessante in questo senso potrete trovarlo nel saggio di De Toni, Alberto & F, Alberto. (2011). Teoria della complessità e implicazioni manageriali: verso l’auto-organizzazione.
Nel modello manageriale complesso, potrebbe sembrare che la leadership del manager sia meno importante, ma non è così. In una logica di auto-organizzazione, secondo Vicari (1998, p. 147): “Le funzioni del leader si accrescono, non diminuiscono. Infatti l’auto-organizzazione, ci insegna la fisica, può anche verificarsi spontaneamente, ma sempre in presenza di certe condizioni. Compito del management è dunque creare tali condizioni”.
Philip Warren Anderson, fisico e premio Nobel (1999) sostiene che il management deve fornire l’energia esterna necessaria affinché i sistemi complessi adattativi si auto-organizzino: “L’auto organizzazione non ha luogo se non vi è un flusso continuo di energia all’interno del sistema”.
Per fare in modo che ogni componente diventi leader di se stesso e favorire processi di auto-organizzazione il manager deve operare in modo informale e agire su elementi intangibili. Vi è la necessità di condividere valori (intesi come etica delle relazioni), cultura (concepita come patrimonio specifico di conoscenze e nozioni organicamente legate fra loro che contribuiscono in modo sostanziale alla formazione della “personalità” di un singolo o di una organizzazione) e linguaggi (interpretati come codici di interazione, portatori di significati impliciti).
In conclusione il manager passa da un ruolo riduzionistico a un ruolo complesso, dalla “pianificazione e controllo” delle attività alla “creazione e presidio” del contesto. Un contesto dove la vera motivazione è l’auto-motivazione, frutto di una visione condivisa, ottenuta con l’esempio del leader che fornisce l’energia del cambiamento. Per gestire la complessità crescente è opportuno puntare sulla partecipazione e sull’assunzione di responsabilità da parte di tutti in una logica di intra-imprenditorialità. Serve intelligenza distribuita, inter-connessa, auto-motivata e auto-attivata. Al centro non si risolve. Il futuro è nella periferia.
Vedi in senso analogo un mio post che trovate in questo sito, citando l’articolo “Per cambiare la mente di qualcuno, smetti di parlare e ascolta” apparso su Harvard Business Review – di Nilofer Merchant 6 FEBBRAIO 2018 To Change Someone’s Mind, Stop Talking and Listen
Philip Warren Anderson, fisico e premio Nobel, non nasconde lo stupore che si prova davanti al processo dinamico alla base dell’auto-organizzazione definendo il concetto di emergenza come “il mistero più affascinante della scienza”. Analogamente – conclude l’articolo – che l’auto-organizzazione “è il futuro più affascinante per le imprese”.
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