Ho letto con ammirazione la notizia della cessione al fondo americano GIP Global Infrastucture Partners di ITALO – NTV della cordata Montezemolo, Della Valle, a 2,5 miliardi di euro, considerando l’iniziativa comunque come un successo italiano, dove alcuni imprenditori hanno creduto in un progetto, lo hanno realizzato tra mille difficoltà ed avuto successo. Tuttavia la notizia mi ha spinto ad alcune riflessioni perché la questione delle reti ferroviarie (come di altre infrastrutture strategiche) attiene alla storia che l’Italia ha vissuto sin dalla sua unificazione e c’è sempre qualcosa da imparare dal passato.
LA FAMIGLIA DEI BANCHIERI
Cercando informazioni su internet sulla famiglia Rothschild si legge di tutto e di più: chi fosse affascinato dalle teorie complottiste, poteri occulti e quant’altro troverà tantissimi riferimenti. Indubbiamente la famiglia Rothschild è una dinastia di banchieri tra le più note, i cui interessi ed aree di intervento spaziano in tantissimi settori. Storicamente ha origine nella prima metà del 1700 e la loro ascesa è stata caratterizzata in investimenti finanziari, piuttosto che in patrimoni fisici che sono sempre esposti alle forme di violenza fisica legata alle guerre. La notorietà del nome (uno degli esponenti Lord Jacob Rothschild pare peraltro abbia ispirato il personaggio dei Simpson Charles Burns), è pari alla riservatezza, tipica dei banchieri, che è uno dei tratti distintivi del modus operandi di questo gruppo finanziario.
ROTHSCILD E LE FERROVIE
Perché cercavo informazioni sui Rothschild? Perché negli anni a cavallo dell’unità d’Italia i Rothschild investirono il loro patrimonio nelle grandi ferrovie del nord Europa e nelle ferrovie dell’Italia centro settentrionale, che sono state finanziate e costruite con manodopera (anche francese) ed industrie straniere.
Dall’unificazione d’Italia (un mercato più grande, nuovi interlocutori istituzionali, possibilità di un forte sviluppo infrastrutturale) ci si attendeva un deciso sviluppo: tuttavia la carenza di infrastrutture ebbe per molto tempo un impatto negativo sulla crescita. “ l’unificazione politica era solo una precondizione all’unificazione dei mercati. La sua effettiva attuazione richiese tempo. La riduzione del costo dei trasporti dipendeva dalla costruzione di ferrovie, strade e porti. … Tuttavia, … , una consistente riduzione del costo dei trasporti si ebbe soltanto con la costruzione delle cosiddette linee secondarie, che univano le città più grandi alle più piccole e che andavano dalle coste verso l’interno” (Banca d’Italia – pubblicazioni)
Dunque le linee ferroviarie, primarie e secondarie, rappresentavano la precondizione per lo sviluppo e la crescita del paese. Ma Come avvenne la costruzione della rete ferroviaria Italiana?
Dopo l’unità d’Italia esistevano circa 7 000 km di linee ferroviarie complessivamente, il cui esercizio veniva assicurato da 4 Società principali e varie Società minori (fonte wikipedia).
La carenza di capitali italiani, aveva determinato il massiccio afflusso di capitali stranieri, inglesi, belgi, in parte investimenti diretti di grandi banchieri, in parte frutto di collocamenti presso la Borsa parigina; la Casa Rotschild di Parigi e di Vienna ebbe un ruolo significativo nella creazione e gestione di grandi società anonime i cui titoli azionari e obbligazionari erano quotati alla Borsa di Parigi.
La presenza di gruppi esteri suscitava il sospetto che agli investimenti ferroviari si unissero interessi industriali per la vendita di locomotive e altre attrezzature. Infatti appare piuttosto logico che sia meglio vendere treni che biglietti. Secondo alcuni critici poi vennero finanziate ferrovie in zone minerarie o commercialmente utili agli interessi stranieri più che a quelli nazionali.
Ma le società private accumulavano forti passività, soprattutto da quelle linee secondarie che, pur essendo strategiche per lo sviluppo del paese, non erano economicamente convenienti, perché non avevano traffici consistenti di viaggiatori e di merci. Queste linee presto determinarono il fallimento del regime delle concessioni: e’ evidente che le compagnie private premevano sullo Stato affinché rilevasse le concessioni e passasse alla gestione diretta. Nel 1875 il governo Minghetti-Spaventa fece un primo tentativo di riscatto delle linee, ma il Parlamento respinse la proposta e provocò la caduta del governo.
Solo con le leggi del 1878 e del 1880 si decise di assumere l’esercizio delle linee gestite dalla Società dell’Alta Italia (controllata dalla Casa Rothschild) e da quella delle Strade Ferrate romane, che presentavano un gravissimo deficit, pur costituendo la parte più importante dell’intera rete ferroviaria italiana
Lo Stato però non riuscì a risanare la difficile situazione economica della rete; ciò paralizzava lo sviluppo riflettendo i propri effetti negativi anche sul turismo. Il regime delle convenzioni, presentato nel 1885 come rimedio ai mali delle ferrovie, contribuì invece ad aggravarli lasciando allo Stato una pesante eredità.
Solo nel 1905 lo Stato assunse la gestione diretta di 10 557 km di linee (di cui 9 868 già di sua proprietà), denominandola rete delle “Ferrovie dello Stato“.
C’è uno schema industriale, peraltro replicato anche negli altri paesi europei: i potenti gruppi finanziari dell’epoca hanno dapprima finanziato la realizzazione delle reti ferroviarie, anche a prezzi e costi molto elevati, per poi rivendere reti e concessioni allo Stato, procurandosi un mercato potenzialmente in forte crescita per la fornitura di locomotive, attrezzatura e relativa tecnologia.
MACRON E LA ROTHSCHILD
Un interessante articolo di Repubblica di qualche tempo fa ci ricorda che Emmanuel Macron, prima di diventare Presidente della Repubblica Francese aveva un importante passato alla Rothschild. Nel 2012 ha condotto in porto un’importantissima operazione finanziaria a “fianco della Nestlé che ha permesso al colosso svizzero di strappare la divisione che opera nel business del cibo per bambini della Pfizer ai rivali francesi della Danone. Un’operazione da quasi 12 miliardi di dollari, di cui Macron è stato advisor quando nel 2012 lavorava come banchiere d’affari in Rothschild. Lo scontro ha permesso alla Nestlé di crescere in Cina e nei mercati emergenti, dove non aveva grandi quote di mercato, e di aggiudicarsi marchi come S-26, Sma, Promil che si sono andati ad aggiungere ad altri già in suo possesso quali Nan, Geber, Lactogen, Nestogen. L’operazione a tutti gli analisti delle principali banche d’affari era apparsa conveniente dal punto di vista industriale, ma aveva fatto storcere il naso a molti perché era stata giudicata troppo cara. Nestlé per sconfiggere i concorrenti ha sborsato 11,85 miliardi di dollari. Non poco rispetto alla cifra iniziale che si aggirava tra i 9 e i 10 miliardi. E un ruolo di primo piano nel convincere la Nestlé ad alzare la posta, l’avrebbe avuto proprio Macron.”
L’articolo ripercorre poi la storia pregressa di Macron in Rothschild attraverso vari passaggi che l’hanno condotto poi nella posizione attuale.
MACRON E LA SIEMENS/ALSTOM
Ma la vocazione di banchiere di Emmanuel Macron non sembra essersi affatto spenta, se guardiamo alle due operazioni di concentrazione nell’ambito navale con l’Italia e nell’ambito ferroviario con la Germania (Huffington post)
“Parigi negozia una grande alleanza fra Fincantieri e Stx, mentre dà il suo placet alle nozze fra Alstom e Siemens – Un grande polo navale civile e militare con l’Italia, un gigante ferroviario con Berlino. Per Emmanuel Macron sono arrivati al dunque due importanti progetti industriali a vocazione comunitaria, che vedono alcune fra le principali aziende francesi in prima linea per la creazione di campioni europei. Stx con Fincantieri sui mari, Alstom con Siemens sul ferro.
Il nodo navale sarà sul tavolo del vertice di Lione di mercoledì fra Italia e Francia. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, si è detto fiducioso e convinto di riuscire a siglare un accordo nell’interesse di entrambe le parti, e anche da Parigi è trapelato un certo ottimismo. Si va verso il passaggio degli storici cantieri d’Oltralpe di Saint-Nazaire nelle mani di Fincantieri (con una quota superiore al 50%) e una serie di garanzie in mano ai francesi per quanto riguarda i livelli occupazionali e la difesa dal rischio di trasferimento di know how verso la Cina. Il secondo capitolo, quello legato al settore militare, sicuramente molto più complesso, potrebbe partire proprio dal vertice di Lione includendo altre grandi aziende come Thales e Leonardo Finmeccanica.
Il nodo ferroviario vede invece Parigi in prima linea per le nozze d’oro fra Alstom e la tedesca Siemens. Secondo il Financial Times, che cita fonti vicine alla trattativa, questo progetto, fortemente voluto dai governi di Parigi e di Berlino, potrebbe essere annunciato oggi stesso. Nascerebbe così un colosso da 16 miliardi di euro di attività, rivale del gigante cinese Crrc, nato nel 2015, che fattura circa 30 miliardi di euro. Siemens si ritroverebbe tra le mani il 50% della nuova società europea e di fatto avrebbe il controllo di questa specie di Airbus dei treni. I tedeschi acquisirebbero infatti una maggioranza di riferimento, contro il 28% in mano a Bouygues, società francese delle costruzioni e delle tlc. Il governo francese ha un’opzione per riscattare una quota del 20% da Bouygues.
ITALO E I FRANCESI
Ma torniamo ad Italo, che abbiamo messo per un po’ in disparte. La sua storia è interessante se si vuole fare un parallelo con quello che accadeva nell’800 con le società straniere concessionarie delle linee ferroviarie.
Partiamo da quattro anni fa e da un articolo apparso su Reuters quando la società era in forte affanno e lavorava ad un aumeto di capitale. Tra i soci all’epoca c’era la Société Nationale des Chemins de fer Français, in sostanza le ferrovie statali francesi
9 SETTEMBRE 2014 / 17:23 / Ntv lavora su aumento capitale
MILANO/ROMA (Reuters) – Nuovo trasporto viaggiatori (Ntv), società in difficoltà finanziaria fondata da Luca Cordero di Montezemolo per gestire il servizio di alta velocità ferroviaria, sta lavorando all‘aumento di capitale. Lo ha detto il direttore finanziario della società Fabio Mocassini a margine dell‘Infrastructure Day in Borsa italiana senza ulteriori dettagli sull‘entità dell‘aumento. La settimana scorsa la banca di investimento Lazard ha detto di avere colloqui in corso con Ntv per il ruolo di adviser con le banche per la ristrutturazione del debito.
La società dei treni Italo ha anche rivolto un appello al governo attraverso una lettera aperta ai giornali lamentando gli alti costi che è costretta a sopportare in termini di energia e pedaggi per la rete ferroviaria.
Negli ultimi due anni la compagnia ferroviaria ha accumulato circa 156 milioni di perdite e 770 milioni di indebitamento complessivo, con banche e fornitori.
Gli advisor devono discutere la rinegoziazione di “660 milioni di debito bancario per la maggior parte fornito da Intesa ma che vede coinvolte, con quote minori, Mps e Bnp Paribas” e altre banche, dice una fonte a conoscenza del dossier.
Sanpaolo, che è anche socio, è oggi il principale creditore con 394 milioni, seguito da Mps con 175,7 milioni, Banco Popolare con 95,2 e Bnp-Bnl con 17,8.
SI DISCUTE CON TUTTI
Ntv ha convocato per domani le organizzazioni dei lavoratori per informarli sulla situazione finanziaria dell‘azienda, ha riferito una fonte sindacale. Indiscrezioni di stampa hanno parlato di interventi per contenere il costo del lavoro dei poco più dei 1.000 dipendenti dell‘azienda.
La società, caso unico in Europa di un‘azienda del settore ferroviario che ha tentato la sfida al monopolista pubblico, ha dovuto confrontarsi con una serie di situazioni che ne hanno reso più complessa la vita.
Oltre alla crisi arrivata a ridosso della partenza dell‘iniziativa, ci sono stati ritardi nella messa a punto dei nuovi treni Italo che hanno fatto rinviare l‘avvio del servizio. Poi c’è stata la serrata concorrenza fatta da TrenItalia, la società delle Ferrovie dello Stato, che ha anche provocato l‘intervento dell‘Antitrust.
E poi l‘alto costo dei servizi come lamentato dalla società in una lettera pubblicata sui principali quotidiani: 100 milioni l‘anno di pedaggi per l‘uso dei binari e 20 milioni all‘anno di spesa di energia elettrica (nel bilancio 2012 per pedaggi sono stati spesi 47 milioni).
Una bolletta che un recente provvedimento del ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi ha fatto ulteriormente lievitare.
“Le regole del gioco cambiano, in peggio, continuamente. L’ultimo ‘regalo’ dalla politica è l’aumento delle tariffe elettriche, un nuovo grave costo imprevisto”, si è lamentata pubblicamente l‘azienda che fa capo a un pool di investitori notissimi. Oltre a Montezemolo, Diego della Valle e Giovanni Punzo con il 35% suddiviso in tre quote paritetiche. Poi ci sono Intesa Sanpaolo con il 20 e le ferrovie francesi, Société Nationale des Chemins de fer Français con un altro 20%.
Oggi a Reuters il ministro, Guidi, ha detto che le tariffe scontate per il settore ferroviario “non erano un incentivo” difendendo la decisione di aumentarle per finanziarie risparmi sulle tariffe per altre categorie di imprese. E così ai soci di Ntv non resta che sperare nell‘Autorità di settore, costituita con due anni di ritardo, e che sta entrando nella fase operativa.”
La storia non ha ancora un lieto fine, ci vorranno altri 4 anni: ancora nel 2015 si legge in rete LA TRISTE PARABOLA DI ITALO, IL TRENO PRIVATO CHE NON FA UTILI E CHE SEMBRA ORMAI SU UN BINARIO MORTO
I FRANCESI ESCONO
Ma qualcosa cambia nel settembre 2015 con il nuovo AD che punta al modello Terna, cioè rendere indipendente la rete dei binari così come avviene per l’elettricità ed il gas.
“L’obiettivo è una attività di lobby (ma anche di ricorsi legali) per spingere il Governo (magari con l’aiuto della Ue) ad applicare alla rete ferroviaria il modello già sperimentato con elettricità e gas. Dove i due ex monopolisti, Eni ed Enel, sono stati costretti non solo alla separazione gestionale ma anche proprietaria della rete dei metanodotti e dell’alta tensione, con la creazione di due società (Snam e Terna, poi quotate in Borsa) che garantiscono il “passaggio” a tutti gli operatori a parità di condizioni.”
“Con l’aumento di capitale, Cattaneo entrerà a far parte dei soci, con una quota tra il 2 e il 3% per cento. Ma potrebbe non essere l’unica novità sul fronte della compagine azionaria: secondo fonti vicine al dossier, potrebbe esserci una uscita anche solo parziale dei francesi di Société Nationale des Chemins de fer Français, in sostanza le ferrovie statali transalpine, attualmente al 20 per cento. Una eventualità su cui avrebbe espresso il suo gradimento anche il Governo, per una società composta tutta da soci italiani.”
LA STORIA SI RIPETE?
La notizia di questi giorni è il buon esito dell’operazione ITALO, con Rothschild che ha agito in qualità di advisor finanziario nella operazione di acquisizione da parte del fondo Usa Global Infrastructure Partners.
nell’800 compagnie private finanziano la costruzione delle ferrovie, ci rimettono, lamentano i loro problemi allo Stato di allora, e riescono poi a vendere reti ed esercizio allo Stato, procurandosi un grande mercato per la vendita di locomotive, tecnologia ed attrezzature (meglio vendere locomotive che biglietti).
Oggi compagnie private, finanziano un progetto ferroviario innovativo, ci rimettono, lamentano i loro problemi allo Stato di oggi, ma oggi lo Stato non può comprare, non ha più soldi o forse è un po’ meno Stato di allora: al suo posto interviene un fondo infrastrutturale americano che consentirà di continuare ad ITALO il suo programma di investimenti in locomotive Alstom, o meglio Siemens
Sembra una bellissima operazione per tutti: per Siemens / Alstom, per Macron, per Montezemolo e Della Valle, ed anche per noi viaggiatori che abbiamo una nuova vitale ed efficiente linea ad alta velocità.
Ma chi ci perde? Non vorrei che tra qualche tempo al nuovo Governo Italiano venisse in mente di comprare Italo.
Categorie:Crisi bancarie in Italia
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