Corte Appello L’Aquila Sentenza n. 84/2018 pubbl. il 17/01/2018 RG n. 83/2012 (estratto)
6.2.1. Va premesso che la norma interpretativa applicata dal giudice di prime cure, contenuta nell’art. 2, comma 61, prima parte, del D.L. n. 225/2010, convertito con modificazione dalla L, n. 10/2011 (secondo cui in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’art. 2935 c.c. doveva essere interpretato nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto iniziava a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa) è stata dichiarata illegittima con sentenza della Corte Costituzionale n. 78 del 2012.
6.2.2. Deve farsi pertanto applicazione dei principi dettati dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, in base ai quali l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’ “accipiens” (Cass. S.U. n. 24418 del 2010, e da ultimo Cass. n. 10713/2016 e Cass. n. 3190/2017).
6.2.3. Va aggiunto che la Suprema Corte ha avuto occasione di precisare, sempre in tema di prescrizione delle pretese restitutorie avanzate dal correntista, che “I versamenti eseguiti sul conto corrente in costanza di rapporto hanno normalmente funzione ripristinatoria della provvista e non determinano uno spostamento patrimoniale dal solvens all’accipiens e, poiché tale funzione corrisponde allo schema causale tipico del contratto, una diversa finalizzazione dei singoli versamenti, o di alcuni di essi, deve essere in concreto provata da parte di chi intende far decorrere la prescrizione dalle singole annotazioni delle poste illegittimamente addebitate” (Cass. 4518/2014). Sempre la Suprema Corte ha recentissimamente (Cass. 20933/2017) ribadito che, qualora si verta in ipotesi di contratto di apertura di credito, “la natura ripristinatoria delle rimesse è presunta: spetta dunque alla banca che eccepisce la prescrizione di allegare e di provare quali sono le rimesse che hanno invece avuto natura solutoria; con la conseguenza che, a fronte della formulazione generica dell’eccezione, indistintamente riferita a tutti i versamenti intervenuti sul conto in data anteriore al decennio decorrente a ritroso dalla data della proposizione della domanda, il giudice non può supplire all’omesso assolvimento di tali oneri individuando d’ufficio i versamenti solutori”; infine chiarendo, con la recentissima pronuncia n. 28819/2017, che incombe sulla “Banca che eccepisca la prescrizione del credito l’onere di far valere l’avvenuta effettuazione di rimesse solutorie in pendenza di rapporto, non essendo configurabile, in mancanza di tali versamenti, l’inerzia del creditore che rappresenta il fatto costitutivo dell’eccezione”.
Categorie:diritto bancario
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